di Beatrice Silenzi

Gli anni Sessanta segnano un periodo di profonda trasformazione per il cinema statunitense.
Le tematiche si fanno più audaci e provocatorie e “Gangster Story” (1967), diretto da Arthur Penn, rappresenta proprio questo.

È uno di quei film che ha contribuito a ridefinire il genere del gangster-movie, proponendo la storia di Bonnie e Clyde seguendo una visione più cruda e senza compromessi. 

Ricco di violenza, erotismo e ricerca di libertà, il film è diventato uno dei più celebri degli anni Sessanta.
Come detto, “Gangster Story” racconta la storia di Clyde Barrow, piccolo truffatore (Warren Beatty) che, durante un tentativo di furto di macchina, incontra Bonnie Parker (Faye Dunaway), figlia dell’ignaro proprietario dell’auto.

Tra i due scocca subito una scintilla, e insieme intraprendono una carriera criminale che li porterà dall’essere semplici ladri a diventare una delle più famose e temute coppie di fuorilegge nella storia degli Stati Uniti.

La loro rapida ascesa è accompagnata da una crescente violenza e, mentre la stampa li mitizza come “eroi romantici” e la gente simpatizza per loro, le tensioni create e la pressione della polizia determineranno un tragico epilogo.

In “Gangster Story”,  Arthur Penn sfida le convenzioni del genere entrando nell’amore e nella violenza, affrontando anche la sessualità in modo aperto e provocatorio, rompendo i tabù dell’epoca.

Il regista mescola abilmente elementi di realismo con uno stile visivo innovativo, creando un’atmosfera viscerale e coinvolgente: le sequenze di azione sono intense e adrenaliniche, mentre la fotografia e la colonna sonora contribuiscono a creare un’atmosfera carica di tensione e dramma.