di Beatrice Silenzi

Billie Holiday, nata nel 1915 a Baltimora e scomparsa giovanissima, nel 1959 a New York, è stata una cantante di jazz afroamericana.

Una voce unica. Un modo di interpretare la musica appassionato.

La Holiday è diventata una delle star più amate e influenti del jazz fin dai suoi esordi nel 1931 con Benny Goodman.

Il suo stile vocale distintivo e raffinato, la voce priva di virtuosismi e tuttavia così particolare e profondamente espressiva, riuscivano a trasmettere un pathos unico, che sembrava avvicinarsi all’anima.

Capace di trasmettere emozioni intense, la Holiday creava un legame intimo con il pubblico.

Il suo vero stile lo affinò in piccoli gruppi, dove duettava con alcuni dei più grandi solisti dell’epoca, come Lester Young ed era in questi contesti che riusciva a esprimere pienamente la sua arte e a dare sfogo ad una innata musicalità.

Il suo timbro – mezzosoprano, chiaro e leggermente nasale – si sviluppò nel corso degli anni, trasformandosi in un contralto più scuro.

Questo cambio di registro vocale contribuì a rafforzare il suo successo, anche se la voce era solo una componente e del suo talento.

Le interpretazioni erano caratterizzate da una sincera empatia verso i brani e le performance erano il riflesso di esperienze personali dolorose e tormentate.

Una vita travagliata, la sua, costellata di battaglie sociali, contro il razzismo e la discriminazione, si riflettevano nella sua espressività asciutta e dolente.

Traspariva nella sua musica, un senso di struggimento e di malinconia che toccava profondamente chi l’ascoltava.

Le sue versioni spesso si allontanavano dalle melodie originali, offrendo nuove sfumature e interpretazioni, ed ogni canzone diventava una storia a sé stante.

Oggi, le sue interpretazioni ed i dischi continuano ad essere apprezzati da chiunque e anche chi non ama il jazz, le riconosce una fervida connotazione artistica.