La musica è un linguaggio universale.
Un linguaggio apprezzato e compreso da tutti, anche se di diverse culture e background.
È in grado di esprimere emozioni, accompagna momenti felici e tristi della vita. Di più. Ogni genere ha il potere di suscitare sensazioni nel profondo e di creare legami emotivi con chi l’ascolta.
La melodia della Natura – il canto degli uccelli, il fruscio del vento tra gli alberi, o le onde del mare che si infrangono sugli scogli, o la pioggia che scende – hanno il potere di rilassare.
Il suono degli strumenti – oltre a mettere in luce la capacità dei musicisti – riesce a sedurre, conquistare, celebrare. Ha la capacità di spingere la gente a ballare, a lasciarsi andare alla musica stessa.
Le marce militari, poi, sono evocative, suscitano orgoglio.
Le melodie sacre e liturgiche hanno il potere di elevare lo spirito sottoforma di comunicazione e di preghiera.
Nella nostra quotidianità siamo circondati dai suoni e rumori a cui, spesso, non prestiamo attenzione, eppure tutto si può considerare musica, anche ciò che non sembra.
Alcuni compositori del secolo scorso, ad esempio, hanno sentito il bisogno di incorporare questi suoni della Natura e rumori prodotti dall’uomo nelle loro composizioni, rendendo le loro opere un riflesso del mondo esterno.
Ecco che i campanacci delle mucche o i versi degli animali, i clacson delle auto, il ticchettare degli orologi, sono diventati elementi musicali, ampliando la gamma di possibilità espressive.
Tutto questo è accaduto e accade perché la musica è un’esperienza personale e soggettiva, in cui ognuno può trovare i propri significati e diverse emozioni.
Conta solo la connessione che si stabilisce tra ascoltatore e musica e l’impatto che essa ha sul suo stato d’animo.
Per questo motivo, non tutti amano la stessa musica, ma ognuno cerca in essa ciò di cui ha bisogno in quel momento, come un sostegno emotivo, come una colonna sonora capace di accompagnarci in ogni istante della vita.